Ricalcolo...

Posted by Valeria Benatti

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Se fossi venuta qui a Invinha con un navigatore, starebbe impazzendo. Un continuo ricalcolo. Ricalcolo dei tempi. Dal tempo incasellato e frettoloso, al tempo paziente dell’attesa e della sosta.

Ricalcolo degli spazi, delle distanze, che si accorciano e mi fanno vedere un mondo non poi così diverso dal mio. E si allungano, e mi fanno vedere un mondo completamente diverso, che fatico a comprendere. Ricalcolo degli occhi e delle orecchie. Perché bisogna guardare e ascoltare bene. E poi un altro po’. E anche guardando e ascoltando bene, meglio aspettare ancora un po’ per parlare. Oppure parlare per confrontarsi, ma senza la pretesa di comprendere tutto. Eppure rimanere lì a osservare. Accettare questo continuo ricalcolo. Che mi tiene in movimento e mi fa bene. Mi fa danzare.
Seconda settimana…verso la terza. Quando la novità inizia a diventare routine e sempre di più escono allo scoperto le nostre anime: il carattere, la sensibilità, la forza, la stanchezza, la debolezza, la fragilità e ancora la voglia di confrontarsi. Le relazioni che si stringono con le parole, ma ancora di più, per me, con i silenzi. Con la pazienza di osservare e stare dentro ad altri tempi e ad altri ritmi. Adattarsi. Plasmarsi. Imparare. Imparare anche a sapere cosa fare. E a sapere di non sapere sempre tutto. Scendere. Rimpicciolirsi. Osservare. E imparare. Sempre tanto. Sempre.
…Scrivendo l’ultimo giorno. Quando fatichi a realizzare che stai per tornare e fatichi a pensare come farai a raccontare e farti capire, farti ascoltare. Il valore dell’ascolto, dello stare, del rimanere. Il valore di avere tempo e usarlo per dare spazio alle relazioni. Il valore dell’apertura. Aprirsi a un incontro aperto. Aprirsi e rimanere aperti. A non chiudere il cerchio pensando di aver capito. Perché quando pensi di aver capito, devi riaprirti. Il valore del confronto. Confrontarsi con i compagni di viaggio e vedere come gli occhi vedono cose diverse. O meglio, interpretano in modo diverso. E aprirsi al loro modo di vedere, ascoltare, imparare, capire. E capire che ancora continuerai a camminare, che non puoi chiuderti, ma vuoi lasciarti plasmare e trasformare. Che sia solo la sensazione dell’ultimo giorno? Spero di no, penso di no, scrivo di no. Così me lo ricordo bene. E resto aperta. Grazie. 

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Se fossi venuta qui a Invinha con un navigatore, starebbe impazzendo. Un continuo ricalcolo. Ricalcolo dei tempi. Dal tempo incasellato e frettoloso, al tempo paziente dell’attesa e della sosta.

Ricalcolo degli spazi, delle distanze, che si accorciano e mi fanno vedere un mondo non poi così diverso dal mio. E si allungano, e mi fanno vedere un mondo completamente diverso, che fatico a comprendere. Ricalcolo degli occhi e delle orecchie. Perché bisogna guardare e ascoltare bene. E poi un altro po’. E anche guardando e ascoltando bene, meglio aspettare ancora un po’ per parlare. Oppure parlare per confrontarsi, ma senza la pretesa di comprendere tutto. Eppure rimanere lì a osservare. Accettare questo continuo ricalcolo. Che mi tiene in movimento e mi fa bene. Mi fa danzare.
Seconda settimana…verso la terza. Quando la novità inizia a diventare routine e sempre di più escono allo scoperto le nostre anime: il carattere, la sensibilità, la forza, la stanchezza, la debolezza, la fragilità e ancora la voglia di confrontarsi. Le relazioni che si stringono con le parole, ma ancora di più, per me, con i silenzi. Con la pazienza di osservare e stare dentro ad altri tempi e ad altri ritmi. Adattarsi. Plasmarsi. Imparare. Imparare anche a sapere cosa fare. E a sapere di non sapere sempre tutto. Scendere. Rimpicciolirsi. Osservare. E imparare. Sempre tanto. Sempre.
…Scrivendo l’ultimo giorno. Quando fatichi a realizzare che stai per tornare e fatichi a pensare come farai a raccontare e farti capire, farti ascoltare. Il valore dell’ascolto, dello stare, del rimanere. Il valore di avere tempo e usarlo per dare spazio alle relazioni. Il valore dell’apertura. Aprirsi a un incontro aperto. Aprirsi e rimanere aperti. A non chiudere il cerchio pensando di aver capito. Perché quando pensi di aver capito, devi riaprirti. Il valore del confronto. Confrontarsi con i compagni di viaggio e vedere come gli occhi vedono cose diverse. O meglio, interpretano in modo diverso. E aprirsi al loro modo di vedere, ascoltare, imparare, capire. E capire che ancora continuerai a camminare, che non puoi chiuderti, ma vuoi lasciarti plasmare e trasformare. Che sia solo la sensazione dell’ultimo giorno? Spero di no, penso di no, scrivo di no. Così me lo ricordo bene. E resto aperta. Grazie.