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Qualche anno fa, nonna Cremilde venne al Centro Infantile
Speranza. E si presentò.
“È successo cosi: con mio marito abbiamo avuto sette
figli, due figlie e cinque maschi. Li abbiamo cresciuti e hanno anche studiato,
sotto il governo portoghese. Si sono sposati, chi secondo l’educazione
ricevuta, chi secondo questo tempo
moderno cioè in convivenza. Poi una figlia, Rosinha ha perso la vita al terzo parto. Il padre dei
figli, fatto il funerale, dopo tre mesi è scomparso, ed eccomi con tre nipotini
da crescere”.
Non era che l’inizio della storia. Nonna Cremilda, venne
al Centro Infantile con cinque bisnipotini.
Continuava a raccontare: “Li vedete questi bambini? Si chiamano Belmiro, Nelton, Junior, Belita e Joanzinho.
I primi due sono figli di mia nipote Angelina, “la prima sorte” (prima nata)
della figlia che ha perso la vita al terzo parto, Rosinha. Gli altri tre sono figli di mio nipote, che è
deceduto in Sudafrica.
Mio nipote si unì a una ragazza di 16 anni quando lui ne
aveva appena 18. La famiglia della ragazza non mi ha sostenuta, per proibire alla figlia di convivere con un giovane
senza previsione di futuro. Ed eccoli qui, tre bisnipoti, senza padre e senza
madre: figli di sventura!”.
Lei, nonna Cremilda, 88 anni, è paralizzata e vive su una
carozzina, ma per sostenere i bambini, si fa portare al mercato da un vicino di casa,
per vendere verdura. Belita la più
grandicella, va a scuola e accudisce alla casa.
“Sono venuta qui” disse “perchè voglio che tutti abbiano
istruzione e un’educazione per la vita”.
Ci spaventammo: cinque tutti in una volta?!
“No, gli orfani di mio nipote rimangono con me, ma mia
figlia mi garantisce il sostegno, poi due già vanno a scuola e trascorrono il
fine settimana con lei che controlla come e se studiano”.
Decidemmo di chiedere all’Associazione Guardare Lontano il sostegno a distanza per due bimbi: Belmiro
e Nelton, perché frequentassero il Centro Infantile Speranza, e un’altro, Armando,
in età scolare, lo iscrivemmo alla scuola Patrice Lumumba.
Nonna Cremilda, è una donna speciale. Colpisce la sua
serenità, la forza d’animo e il buon umore, che comunica a coloro che vivono con
lei o la incontrano. Quando chiediamo: come va la vendita al mercato? Scuote le
spalle, alza le mani al cielo, in gesto di implorazione, e dice: “Se non fosse
per Lui, per voi, e per i vicini di casa non
saprei próprio come fare! Loro, i vicini, mi soccorrono, portandomi acqua e
legna, poi i più grandicelli fanno
qualcosa, accendono il fuoco, e vi mettono la pentola sopra, ma cucinare lo
faccio io. Lascio tutto pronto. Belita e
Joanzinho, nove (9 e 11 ) anni fanno il primo turno a scuola,
quando tornano, completano il resto. Sanno cucinare il riso e preparare la “ushua”
(Polenta) bianca”.
Quando Belmiro completò il periodo di scuola materna, al
Centro Infantile, non resistette. Con la sua carrozzina, vestita a festa, spinta
da tre bambini, venne anche lei. Era commossa: “Hanno una storia triste questi miei
bisnipoti, ma se Dio mi dà vita, cresceranno ed avranno un futuro”.