L'AFRICA HA UN VOLTO

Posted by Carmela Malafronte


La valigia, le camice, la mappa, la mutua speranza. Avevo il come, il quando, il dove, un diario di bordo, le carte di navigazione, venti a favore, il coraggio ma mancava l’essenziale… la consapevolezza di quello che sono io.
Sono arrivata a Bissau, Guinea, di notte, un po’ frastornata direi, salita sul carro cercavo di guardarmi intorno, volevo provare a capire dov’ero, ad orientarmi, ma era buio, si sentivano le buche profonde e i dossi. Solo in quel momento realizzai il tutto, con il battito del cuore a mille, un nodo stretto in gola e gli occhi pieni di lacrime mi dissi: «Ci sei dentro, sei in Africa!».
Lasciavo la mia terra, i miei affetti, le mie radici, quello che io definisco il mio porto sicuro per vivere un esperienza di volontariato internazionale. In realtà non partivo soltanto per fare del volontariato, perché un esperienza del genere me la sarei potuta trovare anche sotto casa, non c’era bisogno andare dall’altra parte del mondo. Ho scelto l’altra parte del mondo per conoscere questa realtà, così diversa dalla mia di cui sentivo tanto parlare, vista soltanto in TV o letta sui giornali, ma soprattutto per mettere in discussione tutto quello che fino a ieri avevo considerato il mio mondo, il “giusto” e lo “sbagliato”, il soggettivo e l’oggettivo.
Un viaggio che ho sempre sognato sin da piccola, che fino ad ora avevo sempre rimandato e che in realtà mai pensavo avrei avuto davvero il coraggio di fare.

L’impatto con la realtà
È stato forte. A Bissau, soprattutto nella parte periferica della città, le case, che a noi bianche possono sembrare piccole stanze, sono costruite in sentieri nascosti nella foresta, in lamiera, fango o paglia. Avevo un senso di angoscia e di dispiacere verso chi viveva in un posto simile. Ho avuto bisogno di giorni per ambientarmi, per metabolizzare quella povertà, fame, miseria e precarietà con cui mi sono scontrata con una semplicità che solo l’Africa poteva regalarmi… semplicità che ha messo in luce molte miserie che si celavano nel mio animo e che solo lì ho avuto modo di prenderne coscienza.
Non è semplice spiegare a parole cosa ti accade quando vieni travolta da tutto questo, non è semplice spiegarlo soprattutto a te stessa, forse perché una spiegazione logica e razionale non c’è.
L’ho cercata, l’ho cercata fino a che ho capito che la cercavo nel posto sbagliato, cercavo nella testa quello che invece si può sentire solo con il cuore. Ma non avevo ancora capito niente…
La mia permanenza in Africa è durata quattro settimane, durante le quali sono stata “ospite” presso la casa della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. Ospite non è proprio il sostantivo più adatto. Mi sono sentita veramente accolta dalle missionarie che ho trovato ed aspettarmi al mio arrivo, Antonieta, Teresa, Ivone, Nhamò. Grazie a loro l’Africa, nonostante le prime difficoltà, l’ho vissuta con un senso di casa, di famiglia e di calore. Le missionarie del Sacro Cuore, socie dell’Associazione Guarda lontano che mi ha dato la possibilità di realizzare questo mio sogno, gestiscono la scuola San Paolo. Le classi vanno dalla prima alla sesta classe: quattro anni di elementari e due di medie. 

Il servizio e i bambini
Quando mi chiedono: «Ma cosa facevi in Africa?». Rispondo: «La mattina era all’interno della scuola ed affiancavo la maestra Carolina nella prima elementare, 1ªB, mentre di pomeriggio ero impegnata in segreteria». Tale risposta, tuttavia, non risulta una risposta esauriente perché in Africa ho osservato, amato, abbracciato, giocato, pregato, pianto, sorriso, ho cercato di dialogare insomma ho vissuto. 
Quello che mi ha colpito di Bissau, così come credo valga per gran parte del continente africano, è l’incredibile presenza di bambini. Bambini avvinghiati nelle capulane colorate alle spalle delle loro madri, nei campi, lungo le strade ed ovviamente nelle scuole. Bambini che ti scrutano perché per loro non è abituale vedere europei persone di colore bianco, ma ad un mio sorriso o appena alzavo la mano per salutarli, mi travolgevano letteralmente di sorrisi, abbracci e strette di mano. Sono arrivata pensando di trovare solo dei poveri bambini senza nulla; ma ho visto solo bambini sorridere e divertirsi con quel nulla, mi hanno donato entusiasmo da farmi pensare che erano loro, in realtà, ad insegnarmi ad apprezzare la vita giorno per giorno, con davvero nulla in mano. Sembravano nati solo per essere felici. 
I bambini con i quali ho avuto l’immensa gioia di stare in modo speciale sono quelli della scuola San Paolo. Non smetteresti mai di sfiorare quei piccoli che ti vengono incontro, si avvicinano sorridenti, ti prendono per mano e camminano con te per un po’. E tu stringi quelle manine appiccicose ed impolverate e non vorresti lasciarle mai.

Gesti preziosi
Le sensazioni provate… quando riesci ad aiutare queste piccole vite a superare le difficoltà di impugnare la penna ed iniziare a scrivere le prime parole o quando riesci a strappare un sorriso in più a Samuel, un dolcissimo bambino di 4 anni che la mattina gironzola per il cortile della casa. Gesti che qui appaiono semplici, banali e quasi inutili, là sono considerati preziosi e sempre apprezzati. Per ogni piccolo gesto una canzoncina o un gioco insieme, ho ricevuto amore in cambio!
Per tutta la permanenza in Guinea non ho fatto altro che pensare a quanto avesse l’Italia più dell’Africa: alla luce con un click, alle comodità…, ma non mi sono mai fermata un momento a pensare cosa ha l’Africa più dell’Italia. Credo che la risposta esatta sia la gente. La gente ti rapisce, ti fa innamorare, sorridere e piangere!
A partire dalle persone per strada che notando il mio colore diverso mi chiamavano solo per salutarmi, dai bambini della scuola che facevano a gara per conquistare il posto a sedere più vicino a me e alla fine tenermi per mano era il loro premio. La gente che ti faceva entrare in casa propria come se ti conoscesse da una vita; donne che non hanno nulla a parte i loro figli e te li porgono in grembo come segno di accoglienza e di ringraziamento per la visita.

Mal d’Africa
Quattro settimane sono poche per guardare, capire, ragionare, raccontare… quelle che posso dire è che mi aspettavo un’Africa molto più disgregata, disorganizzata, completamente abbandonata a se stessa, invece ho trovato un’Africa con una voglia di vita e di riscatto senza pari. Una terra piena di contraddizioni, perfetta e imperfetta, ricca e tremendamente povera, piena di sofferenza ma soprattutto di gioia e speranza. 
L’Africa mi ha dato tanto, mi ha insegnato a non dare niente per scontato, mi ha insegnato ad ascoltare con il cuore aperto, mi ha fatto ridere e mi ha fatto piangere.
Ho sentito spesso parlare di “Mal d’Africa”…e io non so se è questa strana sensazione di nostalgia che sento dentro, ora che tutto è un ricordo… Sarà che mi manca l’atmosfera serena e gioviale che si era creata in casa, grazie ad Antonieta, Teresa, Ivone, Nahmò, Silvia e Paola la mia compagna di viaggio, sarà che mi mancano i paesaggi ed il cielo così gremito di stelle da togliere il fiato, sarà che mi manca camminare per la strada con gli occhi attenti, pronti ad assorbire qualsiasi cosa, a captare tutte quelle realtà così diverse e a volte così strane per il nostro modo di vivere e di vedere il mondo, che spesso ti fanno sorridere, altre volte, la maggior parte, riflettere, ma soprattutto sarà che mi mancano i sorrisi di tutti i bambini incontrati, le loro risate ad ogni semplice gioco, l’affetto dei piccoli che nemmeno ti conoscono, ti prendono la mano e non vogliono più che tu te ne vada, la curiosità di quelli che per strada ti chiamano “branca”e la felicità non appena li saluti, la dolcezza di quelli che ti corrono incontro solo per poterti toccare i capelli o la pelle di quel colore così diverso dal loro…… ma di una cosa sono sicuro: non c’è giorno che passa che io non pensi alle persone che ho lasciato lì.
Ad esperienza conclusa, per me L’Africa ha un volto, il volto di tutte le relazioni d’amicizia strette, il volto dei bambini della scuola, il volto delle persone della comunità e il volto di chiunque abbia incontrato. 
E mi chiedo perché ho aspettato tanto ad andarci!!!!
La valigia, le camice, la mappa, la mutua speranza. Avevo il come, il quando, il dove, un diario di bordo, le carte di navigazione, venti a favore, il coraggio ma mancava l’essenziale… la consapevolezza di quello che sono io. Sono arrivata a Bissau, Guinea, di notte, un po’ frastornata direi, salita sul carro cercavo di guardarmi intorno, volevo provare a capire dov’ero, ad orientarmi, ma era buio, si sentivano le buche profonde e i dossi. Solo in quel momento realizzai il tutto, con il battito del cuore a mille, un nodo stretto in gola e gli occhi pieni di lacrime mi dissi: «Ci sei dentro, sei in Africa!». Lasciavo la mia terra, i miei affetti, le mie radici, quello che io definisco il mio porto sicuro per vivere un esperienza di volontariato internazionale. In realtà non partivo soltanto per fare del volontariato, perché un esperienza del genere me la sarei potuta trovare anche sotto casa, non c’era bisogno andare dall’altra parte del mondo. Ho scelto l’altra parte del mondo per conoscere questa realtà, così diversa dalla mia di cui sentivo tanto parlare, vista soltanto in TV o letta sui giornali, ma soprattutto per mettere in discussione tutto quello che fino a ieri avevo considerato il mio mondo, il “giusto” e lo “sbagliato”, il soggettivo e l’oggettivo. Un viaggio che ho sempre sognato sin da piccola, che fino ad ora avevo sempre rimandato e che in realtà mai pensavo avrei avuto davvero il coraggio di fare. L’impatto con la realtà È stato forte. A Bissau, soprattutto nella parte periferica della città, le case, che a noi bianche possono sembrare piccole stanze, sono costruite in sentieri nascosti nella foresta, in lamiera, fango o paglia. Avevo un senso di angoscia e di dispiacere verso chi viveva in un posto simile. Ho avuto bisogno di giorni per ambientarmi, per metabolizzare quella povertà, fame, miseria e precarietà con cui mi sono scontrata con una semplicità che solo l’Africa poteva regalarmi… semplicità che ha messo in luce molte miserie che si celavano nel mio animo e che solo lì ho avuto modo di prenderne coscienza. Non è semplice spiegare a parole cosa ti accade quando vieni travolta da tutto questo, non è semplice spiegarlo soprattutto a te stessa, forse perché una spiegazione logica e razionale non c’è. L’ho cercata, l’ho cercata fino a che ho capito che la cercavo nel posto sbagliato, cercavo nella testa quello che invece si può sentire solo con il cuore. Ma non avevo ancora capito niente… La mia permanenza in Africa è durata quattro settimane, durante le quali sono stata “ospite” presso la casa della Compagnia Missionaria del Sacro Cuore. Ospite non è proprio il sostantivo più adatto. Mi sono sentita veramente accolta dalle missionarie che ho trovato ed aspettarmi al mio arrivo, Antonieta, Teresa, Ivone, Nhamò. Grazie a loro l’Africa, nonostante le prime difficoltà, l’ho vissuta con un senso di casa, di famiglia e di calore. Le missionarie del Sacro Cuore, socie dell’Associazione Guarda lontano che mi ha dato la possibilità di realizzare questo mio sogno, gestiscono la scuola San Paolo. Le classi vanno dalla prima alla sesta classe: quattro anni di elementari e due di medie. Il servizio e i bambini Quando mi chiedono: «Ma cosa facevi in Africa?». Rispondo: «La mattina era all’interno della scuola ed affiancavo la maestra Carolina nella prima elementare, 1ªB, mentre di pomeriggio ero impegnata in segreteria». Tale risposta, tuttavia, non risulta una risposta esauriente perché in Africa ho osservato, amato, abbracciato, giocato, pregato, pianto, sorriso, ho cercato di dialogare insomma ho vissuto. Quello che mi ha colpito di Bissau, così come credo valga per gran parte del continente africano, è l’incredibile presenza di bambini. Bambini avvinghiati nelle capulane colorate alle spalle delle loro madri, nei campi, lungo le strade ed ovviamente nelle scuole. Bambini che ti scrutano perché per loro non è abituale vedere europei persone di colore bianco, ma ad un mio sorriso o appena alzavo la mano per salutarli, mi travolgevano letteralmente di sorrisi, abbracci e strette di mano. Sono arrivata pensando di trovare solo dei poveri bambini senza nulla; ma ho visto solo bambini sorridere e divertirsi con quel nulla, mi hanno donato entusiasmo da farmi pensare che erano loro, in realtà, ad insegnarmi ad apprezzare la vita giorno per giorno, con davvero nulla in mano. Sembravano nati solo per essere felici. I bambini con i quali ho avuto l’immensa gioia di stare in modo speciale sono quelli della scuola San Paolo. Non smetteresti mai di sfiorare quei piccoli che ti vengono incontro, si avvicinano sorridenti, ti prendono per mano e camminano con te per un po’. E tu stringi quelle manine appiccicose ed impolverate e non vorresti lasciarle mai. Gesti preziosi Le sensazioni provate… quando riesci ad aiutare queste piccole vite a superare le difficoltà di impugnare la penna ed iniziare a scrivere le prime parole o quando riesci a strappare un sorriso in più a Samuel, un dolcissimo bambino di 4 anni che la mattina gironzola per il cortile della casa. Gesti che qui appaiono semplici, banali e quasi inutili, là sono considerati preziosi e sempre apprezzati. Per ogni piccolo gesto una canzoncina o un gioco insieme, ho ricevuto amore in cambio! Per tutta la permanenza in Guinea non ho fatto altro che pensare a quanto avesse l’Italia più dell’Africa: alla luce con un click, alle comodità…, ma non mi sono mai fermata un momento a pensare cosa ha l’Africa più dell’Italia. Credo che la risposta esatta sia la gente. La gente ti rapisce, ti fa innamorare, sorridere e piangere! A partire dalle persone per strada che notando il mio colore diverso mi chiamavano solo per salutarmi, dai bambini della scuola che facevano a gara per conquistare il posto a sedere più vicino a me e alla fine tenermi per mano era il loro premio. La gente che ti faceva entrare in casa propria come se ti conoscesse da una vita; donne che non hanno nulla a parte i loro figli e te li porgono in grembo come segno di accoglienza e di ringraziamento per la visita. Mal d’Africa Quattro settimane sono poche per guardare, capire, ragionare, raccontare… quelle che posso dire è che mi aspettavo un’Africa molto più disgregata, disorganizzata, completamente abbandonata a se stessa, invece ho trovato un’Africa con una voglia di vita e di riscatto senza pari. Una terra piena di contraddizioni, perfetta e imperfetta, ricca e tremendamente povera, piena di sofferenza ma soprattutto di gioia e speranza. L’Africa mi ha dato tanto, mi ha insegnato a non dare niente per scontato, mi ha insegnato ad ascoltare con il cuore aperto, mi ha fatto ridere e mi ha fatto piangere. Ho sentito spesso parlare di “Mal d’Africa”…e io non so se è questa strana sensazione di nostalgia che sento dentro, ora che tutto è un ricordo… Sarà che mi manca l’atmosfera serena e gioviale che si era creata in casa, grazie ad Antonieta, Teresa, Ivone, Nahmò, Silvia e Paola la mia compagna di viaggio, sarà che mi mancano i paesaggi ed il cielo così gremito di stelle da togliere il fiato, sarà che mi manca camminare per la strada con gli occhi attenti, pronti ad assorbire qualsiasi cosa, a captare tutte quelle realtà così diverse e a volte così strane per il nostro modo di vivere e di vedere il mondo, che spesso ti fanno sorridere, altre volte, la maggior parte, riflettere, ma soprattutto sarà che mi mancano i sorrisi di tutti i bambini incontrati, le loro risate ad ogni semplice gioco, l’affetto dei piccoli che nemmeno ti conoscono, ti prendono la mano e non vogliono più che tu te ne vada, la curiosità di quelli che per strada ti chiamano “branca”e la felicità non appena li saluti, la dolcezza di quelli che ti corrono incontro solo per poterti toccare i capelli o la pelle di quel colore così diverso dal loro…… ma di una cosa sono sicuro: non c’è giorno che passa che io non pensi alle persone che ho lasciato lì. Ad esperienza conclusa, per me L’Africa ha un volto, il volto di tutte le relazioni d’amicizia strette, il volto dei bambini della scuola, il volto delle persone della comunità e il volto di chiunque abbia incontrato. E mi chiedo perché ho aspettato tanto ad andarci!!!!