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Dall’inizio della nostra presenza in missione, la Compagnia Missionaria progetta e concretizza progetti di promozione, di sviluppo, di formazione in favore della popolazione locale, in particolare ha cura di madri nubili, anziani, di chi vive ai margini della società, di bambini orfani, persone con disagi, privilegiando le terre d’Africa e America Latina. Il gruppo di missionarie residenti a Maputo in Mozambico dal 1990, racconta di aver aiutato le famiglie sfollate dalla guerra, i bambini orfani abbandonati lungo le strade della città perché ormai soli, senza più alcun familiare che si potesse curar di loro. Li chiamavano “meninos da rua”. Per toglierli dalla strada e dar loro la possibilità di una crescita protetta, soprattutto per non vederli morire di inedia, abbiamo promosso il sostegno a distanza, chiedendo ai nostri amici italiani e non solo, di promuovere adesioni, dando al progetto il nome di uno di questi piccoli, Armandinho. Così ha avuto inizio la nostra bella avventura: mettere ogni mattina sul fuoco il pentolone dei fagioli e quello della polenta di mandioca (scima) o del riso, per almeno 150 bambini di ogni età, che passavano parola per essere puntuali alla distribuzione. La parrocchia “Nossa Senhora das Vitorias” ha aperto il suo salone, le donne hanno fatto a gara per portare stuoie e capulane da stendere per terra per far stare bene i bambini, gli uomini hanno fatto alcune panche dove far appoggiare i piatti caldi, le giovani sono venute ad aiutarci nella distribuzione e a stare accanto ai più piccoli che spesso avevano bisogno di coccole e di un buon bagnetto. Siamo andate avanti fino al 1996, ininterrottamente giorno dopo giorno, “complice” la nostra Giannina, cuoca e dietista molto esperta, oltre che instancabile. Nel 1992 a Roma, presso la Comunità di Sant’Egidio, le parti in lotta firmano la pace con grande sollievo e gioia di tutto il popolo che ha dato tanto per la sua terra. Si mette fine a 16 anni di guerra civile (1 milione di morti, 5 milioni di rifugiati e di sfollati). La fame, la povertà, le diatribe locali avevano già fatto molte vittime. I campi non erano coltivati da anni, in molte estensioni di terreno, luogo di guerriglie, c’era il pericolo delle mine, che hanno lasciato una scia di handicappati fisici, soprattutto bambini (senza arti, mani, occhi, piedi). In questi anni di ricostruzione si fa poco, manca tutto e noi? Si ricorre in continuazione agli aiuti dei nostri amici italiani. Nel giro di qualche anno l’emergenza alimentare finisce. Nel frattempo abbiamo colto una successiva urgenza in favore dei piccoli di strada, la scuola. I senza famiglia vengono affidati a madri sole, gli orfani alle nonne, agli zii, che li devono mandare a scuola, vestire, nutrire. Seguiamo i bambini che restano sul territorio e diamo al sostegno a distanza la finalità “scuola”. Aiuteremo i piccoli dall’asilo in poi a non abbandonare gli studi, sostenendo le famiglie che ne hanno cura con interventi mirati: la tassa scolastica, un aiuto economico per le spese mediche, per i farmaci, matite e quelle piccole cose necessarie alla vita quotidiana. La scuola é diventata il mezzo primario essenziale per realizzare questo progetto di promozione. La campagna aperta sulla nostra rivista “In Dialogo” per costruire una scuola a Maputo dà la mano che ci vuole. Arriviamo, con l’aiuto di un imprenditore edile che sa aspettare..., alle chiavi in mano e si apre così questo nuovo capitolo. A pensarci poi, ti chiedi com’ é stato possibile, eppure noi siamo sempre le prime che, per fede, diciamo “sì” a Dio e sappiamo che Lui fará questo ed altro per il suo popolo. Nella povertà si cresce Nonostante siano passati anni e i piccoli di allora siano oggi lavoratori, professori, genitori, la povertà rimane una realtà che trova modo di reincardinarsi nella popolazione, senza che lo si voglia. Sono bastate le grandi inondazioni del 2000 e del 2001, e non ultima quella dei primi mesi del 2013, per vedere ripetersi l’esodo dalle campagne, la disperazione di famiglie che vedono morire i loro animali, sostentamento sicuro, distrutti i loro raccolti; gruppi di popolazione che si trasferiscono sulle colline, lasciando tutto, con addosso quelle due cose inzuppate d’acqua e di fango e negli occhi la disperazione. Come faremo stanotte, domani? Si mandano i figli in città perché non vivano una vita in quelle condizioni, vita riservata ai poveri senza istruzione, senza futuro. Ancora, come in passato, i bambini sono affidati ad altri poveri che li mandano a vendere alimenti (uova sode, noccioline, frittelle) per strada, giornali, ecc. Li vedi accanto agli adulti a spingere il carretto dello zio per raccogliere ferro vecchio, ti passano vicino con un cesto di radici di mandioca sulla testa da portare all’angolo di Via Mao Tse Tung con viale Lenin, dove nonna sta esponendo la sua merce sul marciapiede per venderla. Arrivano con il secchio di ghiaccio e pesce fresco, con borsoni giganti di insalata. Al tuo saluto “Bom dia, menino, tudo bem?” ti rispondono “bom dia, bom dia, obrigado” ed un bel sorriso. Sono loro il futuro del Mozambico. Noi non li vogliamo lasciare soli. Tu e noi per loro. Il sostegno a distanza oggi, in Italia, non cede anche davanti all’evidenza del progredire della nostra emergenza. Chi ci crede, si inventa forme di risparmio per non rinunciare a dare un aiuto. Le famiglie si stanno dando stili nuovi di vita per fare condivisione di quanto dispongono. Iniziano nel loro territorio e si estendono... anche al Mozambico. Gli aiuti arrivano puntuali, fedeli fino al termine dell’impegno preso ma, di fronte a quello che noi vediamo qui, ci sembra importante non abbassare la guardia, sottolineare la necessità di mantenere i legami, perché l’aiuto che diamo é veramente il mattone che costruisce il popolo. Il messaggio evangelico ci premia con un senso di gioia e di pace quando anche noi missionarie siamo stimolate a rinunciare ad una parte del nostro per non lasciare che qualche caso venga meno. Avvertiamo anche noi il nostro limite a dare risposte e, come donne, viviamo una sofferenza simile alle madri che portiamo nel cuore e affidiamo alla preghiera. Proponiamo ai nostri lettori ed agli amici che ci hanno seguito fino ad oggi, di farsi portatori di queste vite, di condividere con noi la solidarietà e di aver ancora gesti concreti di aiuto. Non sia l’attuale situazione, fatta di un tenore di vita più basso che in passato, motivo per abbandonare chi é povero, solo perché noi, oggi, possediamo di meno e dobbiamo limitare i consumi. Grazie di tutto cuore, accettate di stringere tra le vostre, la nostra mano tesa. Con affettuosa amicizia.